Anche a Mamoiada, come nella maggior parte dei paese della Barbagia, sono ancora vivi più che mai i riti della Settimana Santa. L’inizio è dato dalla Domenica delle palme, ma è col giovedì santo che si entra nel vivo della Passione di Gesù Cristo.
Al “Lavabis” e a tutte le cerimonie, un tempo partecipavano anche delle figure che purtroppo oggi a Mamoiada sono scomparse, “ Sos Croffarios”, e cioè i rappresentanti delle confraternite. Di essi ci rimangono solamente le testimonianze fotografiche e il ricordo dei mamoiadini.
Sos Croffarios indossavano delle tuniche bianche (ancora oggi essi sono presenti in numerose celebrazioni, vedi Castelsardo o Alghero ecc..), durante la processione che seguiva alla funzione del lavabis, “sa ir’a” e anche durante S’Iscravamentu, essi erano soliti cantare “Sos Uffissios” e altre invocazioni. In particolare durante “Sa Ir’a” (la ricerca) ecco una delle strofe cantate che mi recitò alcuni anni fa Tzia Tatana:
“Vidu l’azzes a fizzu meu, in custu logu est passadu” (Visto avete a mio figlio, In questo posto è passato?)
Dai racconti di molte persone anziane emerge che in genere coloro che cantavano erano in tre, quasi come un canto a tenore e specie durante S’Iscravamentu. De “Sos Croffarios “ molti si ricordano in particolare Tziu Carboni, tziu Sustianu Cadinu, tziu Carmineddu Muzzittu, Tziu Galante e tanti altri.
La Processione de sa ir’a, solitamente partiva da un punto determinato e andava a toccare tutte le chiese di Mamoiada, il giorno seguente veniva fatto il giro inverso.
Al ritorno in Chiesa, nella Parrocchia (dove da sempre viene eseguito il rito), erano gli stessi componenti della confraternita che ponevano la statua di Gesù Cristo sulla Croce, statua lignea del 1600 circa da poco restaurata e ritornata all’antico splendore.
Il giovedì santo a Mamoiada come da tradizione vengono esposti all’aria anche i Costumi.
Questo rito veniva eseguito il giovedì santo e non il venerdì come accade oggi, e nessuno vi poteva assistere; il Crocefisso veniva coperto da un telo in modo che nessuno potesse vederlo fino al giorno dopo, per “S’iscravamentu” (la deposizione di Gesù dalla croce). La stessa cosa veniva fatta alle statue dei Santi, coperte da dei teli viola in segno di lutto; la chiesa veniva chiusa fino al indomani alla ripresa delle funzioni religiose.
La funzione più toccante e straziante è senz’altro quella de “S’iscravamentu”, il venerdì santo, una vera e propria rappresentazione teatrale, ancora oggi estremamente sentita e partecipata dai Mamoiadini.
I protagonisti, chiamiamoli così sono tanti a cominciare dalle Marie vestite a lutto, la Maddalena in piedi davanti alla croce, i faraoni, i soldati, Sos Croffarios, Santu Juavanne (San Giovanni) e gli angioletti (un tempo tutti i bambini che avevano compiuto i 4 anni). Questa celebrazione durava anche tre ore in passato, e un missionario descriveva passo dopo passo tutti i momenti di questo calvario.
Tempo fa invece il sacrestano sollevava un angioletto che prendeva in consegna il chiodo estratto e sollevandolo al cielo faceva tre croci nei tre lati della chiesa.
Una volta deposto dalla Croce, Gesù viene portato al cospetto delle Marie e prendeva così il via quel canto così straziante e commovente di cui riportiamo alcune strofe:
“ O triste fatale die, oras penosas e duras, Calladebos creaturas, Lassade pianghere a mie” ( O triste e fatale giorno, ore penose e dure, State zitte creature, lasciatemi piangere); tutte le strofe vengono intonate da tutte e tre le Marie, tranne una che viene intonata dalla madre di Gesù:
“A mie tocca su piantu, a mie su sentimentu, ca so affligida tantu, chie ta mortu e chie?” ( A me tocca il pianto, a me il sentimento, perché sono tanto afflitta, Chi ti ha ammazzato chi?).
Terminato il canto, la statua viene deposta nella lettiga in legno e portata in processione verso il luogo della sepoltura, la Chiesa di Santa Croce.
In questi giorni di lutto non venivano suonate le campane e per annunciare le celebrazioni venivano utilizzate “Sas Matracculas”, suonate per il paese dai chierichetti o dalla stesso sacrestano.
Esse riprenderanno a suonare la domenica di Pasqua, alle undici, il tocco delle campane “Su to’u ‘e gloria”, annunciava la resurrezione di Cristo che di lì a poco ne S’incontru” si incontrava con la Madonna in Piazza Santa Croce.
Le due Statue utilizzate ancora oggi per questa celebrazione, vengono portate in processione seguendo percorsi differenti; la Statua della Madonna, parte dalla Chiesa di N.S. Di Loreto, dove è custodita tutto l’anno, mentre invece la statua del Cristo Redentore da Santa Maria.
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Esse verranno fatte incontrare a Santa Croce dove “Sos Accanzadores” in Costume (Ossia coloro che portano le statue) faranno fare loro un inchino. Le due processioni, alle quali da qualche anno partecipano numerose donne e uomini in costume, si uniranno per proseguire verso la Parrocchia dove verrà celebrata la funzione religiosa.
Nonostante le profonde trasformazioni avvenute negli ultimi 50 anni, questa tradizione continua a vivere più che mai.Non si tratta solo di una mera rappresentazione teatrale, ma una celebrazione religiosa molto sentita da tutti i mamoiadini.
Alcuni versi che le Marie cantano a S’Iscravamentu , il Venerdì Santo_
O triste fatale die
oras penosas e duras
Calladebos creaturas
lassade pianghere a mie.
Ite male as procuradu
fizu, a sos peccadores?
Pro tantos mannos favores
‘usta paga t’an torradu
Rispondemi coro amadu
Chie T’ah mortu e chie?
Rit. Calladebos creaturas
lassade pianghere a mie
Nade Nade peccadores
ite male bos a fattu?
Risponde populu ingratu
ite sun custos favores?
Fizu mortu cun rigores
Chie t’a mortu e chie?
Rit. Calladebos creaturas
lassade pianghere a mie
*A mie tocca su piantu
a mie su sentimentu
devor pianghere cun assentu
e giughe s’oscuru mantu
ca so affligida tantu
chie t’a fattu suffrire?
(questa strofa viene cantata dalla Madre di Gesù)
Rit. Calladebos creaturas
lassade pianghere a mie
O Anghelos de s’altura
O Juvanne e Maddalena
Accumpagnade cun pena
su mortu a sa sepoltura
fizu de mama tristura
chie t’a mortu e chie?
Rit. Calladebos creaturas
lassade pianghere a mie.
Uno de “SOS UFFISSIOS” recitato da alcune anziane del paese
A s’uffissiu a s’uffissiu mezzore
pranghidebollos tottus sos mannos e minores
pranghidebos custu mortu
c’a est mortu in sa rughe
vistiebos de lughe, vistiebos de trumentu
a deu l’ana tentu e ligau
a uve l’an portau?
A dommo e Pilatu
A Faghere su dibattu
a leghere sa sentenzia,
si tenides passenzia
andammus a l’adorare
A adorare a Deus
pro su corpus meu
pro su corpus vostru
‘in sa rughe l’an postu
‘in sa rughe vera
a Sa Madalena a Santu Vranziscu
a s’uffissiu a s’uffissiu.
Ricerca a cura di Sara Muggittu ( vietata la riproduzione senza il consenso dell’autore) Foto archivio Saraservizi e Archivio Corbula