Rendiconto Clinico 1867
Tra i miei archivi ho trovato questo rendiconto medico del nostro paese a cura del Dott. Pietro Meloni Satta che mese per mese ne descrive patologie e cure.
Quella però che mi ha incuriosito parecchio è stata la pratica del Salasso a cui ricorrevano i nostri compaesani in particolare il giorno di Santu Juvanne!
Il Medico, che spiega lui stesso non era avvezzo usare questi metodi, ne descrive minuziosamente l’usanza, descrivendo come “macellai” i flebotomi che praticavano il salasso.
Il dott. Satta inizia con una descrizione del paese e delle condizioni in cui versavano molti abitanti.
Appiè d’una lingua di terra che, insensibilmente staccandoi dal piano, va a formare una catenella di montagne, sormontate da varie collinelle e tanto grazioso, pittoresco e poetico, sorge il paese dì Mamojada -montagne, che costeggìando il paese al Nord-Est, finiscono in una vallata per stringere a poca distanza la mano o farsi compagne ad altra piccola montagna, la quale, a mò dì baluardo, a, poche miglia dalI’ abitato, cinge il paese dalla parte del Sud.
Per tale corografica posizione esso ti presenta oltre un ciel calmo e sereno, un clima piuttosto mite, con predominio, sebbene poco sensibile, dell’umidità. -Rigagnoli e fiumi a poca distanza dal popolato lo bagnano.
-Belle e ridenti ne sono le campagne. -Strade dìscretamente selciate -abitazioni modeste, ma comode nella classe agiata, luridi tuguri nella classe povera, ove in una ruvìda e rozza cucina con somma pietà ti è dato osservare i tuoi ammalati sdrajati o sul nudo suolo o su qualche stuoja, cogli occhi grondanti lagrime per le colonne densissime di fumo che sollevansi dalle legna che ardono nel focolare; negli angoli poi, vedi tutte le masserizie dei coloni o delle massaje ; -ruvidezza, semplicicità e indigenza che agghiaccia. il cuore, e che li fanno talora. spargere una lagrima di compassione, vedendo il tuo simile, degno di più alta fortuna, perchè pieno il cuore di magnanimi sensi, confidare a te come a ministro salutare, come ad angelo consolatore, la sua miseria, i suoi affanni…
Gli abitanti sono in generale dì belle fattezze -di ingegno trasportare dall’ammalato la macchinetta e le gravi occupazioni mi impediscono di passare in atto questo mio desiderio. Faccio così perchè il mio successore, più fortunato di me, ne possa indagare la vera causa, se io non l’avessi afferrata apprestando pure qualche sollievo a questi infelici.
Dalle stesse cause propendo a credere possa dipendere lo straordinario numero di ernie che in due terzi e più degli abitanti ti vien dato osservare – ernie che essi trascurano e che lasciano a se stesse primieramente per un malinteso pudore, o perchè molti di essi credono che non v’abbia contro tale infermità medicamento alcuno, nè radicale, nè palliativo e diffatti non consultano per un tale incomodo se non dappoi che cattivandosi Ia stima del Medico e sempre a voce piana e bassa, raccomandandone la segretezza.
L’ernia non risparmia classe alcuna. Aborti e metrorragie; dissenterie e verminazioni. Tutto di li è dato osservare; ma di questo amo parlarne come corollario al presente rendiconto – E siccome la mia Condotta èbbe principio nel mese di febbraio 1867, cosi, da quella data dee incominciare la narrazione delle malattie da me curate, così proseguendo di mese in mese.
Febbraio
– In questo mese stante lo squilibrio dell’atmosfera e l’avvicinarsi repentino dei venti nordici e scirroccali, svariatissime si furono le costipazioni, ed i dolori reumatoidi, curati tutti in breve tempo mediante i sudoriferi o leggeri salassi.
Più volte coatre mia ritrosia e con non poco rincrescimento addivenni all’ uso del salasso non perchè ve ne fosse l’indiazione, ma perchè gli ammalali non davansi pace fino a tanto che non vedessero sgorgar sangue dalle loro vene, poichè abituati sempre ad essere in mani di flebotonomi ignoranti, i quali nient’altro vedendo in ogni malore che pienezza di sangue, li dissanguavano con ripetuti e copiosissimi salassi; ed era tale e tanto il prestigio e la fiducia che nel maledetto salasso riponeano, che nel giorno del 24 giugno, giorno dedicato a San Giovanni Battista, si faceano quasi un obbligo di salassare lutti i loro addetti, sani fossero od ammalati, facendo scorrere un fiume di sangue, onde così preservarsi dalle malattie di stagione.
Mi diceva un mio amico – in quel giorno i flebotomi del paese pareano tanti macellai, colle mani di sangue intrise, non potendo accudire ad immolare le numerose vittime, sebbene tutte si schierassero nel cortile dello stesso flebotomo. – In quelli che a viva forza chiedevano il salasso, a cui io non aderiva, sel faceano praticare di nascosto ; non dissimulo però che so alcuni ne risentirono buon effetto, molti pagarono a loro spese il fio della disobbedienza.