Una delle manifestazioni tradizionali più antiche della Sardegna.
Sconosciuto o quasi al mondo fino alla pubblicazione di un saggio nel 1951.
[bctt tweet=”Se vuoi un Carnevale che non ce n’è altro sulla la terra vattene a Mamoiada.” username=”SaraMuggittu”]
Un noto studioso, Raffaello Marchi, pubblica nel 1951 sulla rivista Il Ponte, il saggio “Le Maschere Barbaricine”. Così viene svelato al mondo questo rito antichissimo e carico di mistero quale è la sfilata delle nostre maschere.
Ma è con il Reportage del fotografo Pablo Volta che le immagini del nostro Carnevale fanno il giro del mondo.
[bctt tweet=”Senza Mamuthones non c’è Carnevale.” username=”SaraMuggittu”]
affermano i contadini di Mamoiada. Il che vuol dire che è questa la più importante manifestazione. L’apparizione dei Mamuthones è segno di festosità, di allegria, di tempi propizi.”
Ovviamente essi rappresentano una parte importante della nostra festa. Non si devono dimenticare però tutti i mamoiadini che con travestimenti, balli e canti, animano la piazza e la sala. Certo è che un tempo esso era ristretto ai soli paesani. Non vi erano altri tipi di divertimento e rappresentava una delle poche occasioni di svago durante tutto l’anno.
Il Ballo e le mascherate spontanee “sas vartzoladas” erano gli elementi che più contraddistinguevano il carnevale.
Il via ufficiale è dato dall’uscita dei Mamuthones e Issohadores del 17 gennaio di ogni anno per Sant’Antonio Abate. Il rito propiziatorio attorno ai fuochi che le cupe maschere più famose della Sardegna eseguono in tutto il paese.
La gente di Mamoiada si prepara ad un mese di divertimento e di balli. Le case dei mamoiadini si trasformano in “sartorie” per la preparazione dei costumi e mascheramenti.
I sabati sera viene aperta la Sala Comunale dove vengono organizzate feste in maschera a tema. Un tempo quando gli spazi non erano sufficienti venivano aperte anche 3/4 sale da ballo e i mamoiadini si spostavano dall’una all’altra.
I giorni clou del Carnevale ovviamente sono la domenica, lunedì e martedì grasso dove i festeggiamenti si spostano nella piazza principale di Santa Croce. Qui viene tra l’altro organizzato il tipico ballu tundu.
Il ballo di Mamoiada, mamujadinu o sa mamujadina come viene definito da molti, è un ballo molto antico e “a sa seria”, ed è estremamente atteso da tutti.
Due sono i generi ballati: su passu torrau e su sartiu, ma non vengono disdegnati nemmeno balli come su dillu.
La Domenica come di consuetudine sfilano il pomeriggio le maschere dei Mamuthones e Issohadores. Mentre il Lunedì è il giorno dedicato ai bambini. Il martedì grasso che in realtà non è l’ultimo giorno del carnevale (la pentolaccia in piena quaresima chiude la festa), oltre alla sfilata delle note maschere e ai balli in piazza è la giornata anche del Fantoccio Juvanne Martis Sero (Giovanni martedì sera). Il fantoccio morente viene portato in giro per il paese con un carretto dagli uomini vestiti in vardetta che ne cantano “sos attittos”. A fine serata, Juvanne che ormai è arrivato in piazza muore, così come il carnevale mamoiadino.
Al centro della piazza si sistema di solito il suonatore di organetto che insieme ad un gruppo di uomini coordina il ballo.
Nel tavolino non mancano mai le provviste di vino da offrire a su sonadore e anche ai ballerini.
Una breve pausa con le fave con lardo…e poi si riprende con i balli. E’ celebre il famoso detto mamoiadino:
[bctt tweet=”Est arribbande s’ava! ” username=”SaraMuggittu”]
“Sas Padeddas” , la Pentolaccia, si svolge la domenica dopo carnevale, anche se in piena quaresima chiude i festeggiamenti. Per l’occasione vengono preparati dei pacchi a sopresa, in genere vasi, e le coppie che vengono scelte fra quelle che ballano devono cercare di spaccarle.
Fra le mascherate più note vi è quella de “su vartzolu”, un po di stracci, vestiti vecchi, un pò di carbone in faccia o “thithiveddu”.
Un tempo era anche consuetudine, specie fra le donne, portare la maschera in viso per non essere riconosciute. Le donne indossavano spesso la cosiddetta “visera” ‘e santa, realizzata di cartapesta e altri materiali. Esse si preparavano a gruppi e con un accompagnatore, “su portadore”, che le accompagnava alla sala e vigilava sulla loro incolumità. Guai se qualcuno osava disturbare la maschera, essa veniva sempre rispettata! Per molte donne, specie le più anziane era un modo per partecipare ai festeggiamenti senza essere riconosciute e quindi anche libere da eventuali pettegolezzi.
Al Carnevale partecipano anche coppie in costume tradizionale. Non mancano comunque i travestimenti più svariati e i classici Vardetta, Muncadore e Billudu.
Come ho scritto in precedenza, non può mancare al Carnevale di Mamoiada Juvanne Martis Sero (Giovanni Martedì Sera), il fantoccio che viene portato in giro per le vie del paese il giorno del Martedì grasso. Gli uomini che lo trasportano con un carretto trainato da un asino, sono vestiti da donne con la vardetta e lo scialle nero. Sono vestiti a lutto e durante il tragitto cantano “attittos” allegorici.
Celebre il ritornello:
Juvanne Meu prenu ‘e paza, mesu meaza, meaza ‘e mesa, torrami sa vresa ‘i mi c’as urau, Juvanne Istesserau!