L’Essere Mamuthone

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Barbaricina

Dieci anni fa a ridosso del Carnevale di Mamoiada chiesi ai miei amici cosa rappresentasse per loro il Mamuthone. Ne venne fuori un lavoro interessante con un avvicendarsi di parole ed emozioni.

Chi è il Mamuthone, cosa rappresenta per chi indossa la maschera e per gli altri, quali emozioni suscita essa nelle persone?

Domande che tutti noi in effetti ci siamo sempre posti, spesso rimaste senza una effettiva risposta.

Eppure quello che ne è venuto fuori è qualcosa di affascinante e di misterioso allo stesso tempo.

“Mamuthones è un insieme di sentimenti diversi e contrastanti che si amalgamano in un turbinio di ricordi”.

Avete mai provato ad indossare una visera di Mamuthone? Per me è stato impressionante, come se un’altra me avesse preso il sopravvento. Attimi intensi.

“Quando indossi la maschera non sei più te stesso, fai parte del mistero”

“Vestire da Mamuthone mi trasporta in un altro mondo e mi da sensazioni fantastiche che mi appagano della fatica e del sacrificio fisico che mi richiede nel rappresentarlo”.

Queste sono le parole di un Mamuthone che rinuncia a se stesso per essere qualcosa di non umano, di divino. Nonostante lo sforzo e l’immensa fatica, l’uomo si avvicina alla divinità e affida ad essa i suoi passi.

C’è davvero qualcosa di trascendentale in questo rito, la necessità di donare i passi ad una entità sconosciuta affinché essa faccia la sua comparsa in questa terra di tribolazioni.

Non c’è divertimento, non è una festa. La marcia dei Mamuthones e degli Issohadores scandita dal suono dei campanacci, è una processione che chiama la terra, risveglia il Dio e la natura.

“Il mistero e la magia celati in una maschera, il ritmo dei campanacci che squarcia il silenzio, l’emozione fiera di un vecchio Mamuthone”.

“Oscuru, anticu, nobile”.

Una figura scura, cupa ma così straordinariamente potente. Quando l’uomo diventa Mamuthone ed è lì davanti al tuo cospetto, non è più la persona che credevi di conoscere. Provi un certo rispetto.

“Un rituale antico” “Mistero, Fascino, Allegria”.

“Non esiste in Sardegna entità più attraente di un Mamuthone, che durante la cerimonia, in strada, non osi levare la maschera dal suo volto”.

“Il Mamuthone è la maschera non il volto, il Mamuthone è lo sguardo della maschera, non lo sguardo del volto”.

Da sempre considerato “l’orgoglio per noi mamoiadini”, il Mamuthone è un’entità a se stante, viaggia con i mezzi moderni e continua ad esistere in questa nuova era.

Essere Mamuthone è un privilegio ma a mio avviso anche una responsabilità. Chi indossa quella maschera è portatore di valori e dell’identità di un intero paese.

“Un emozione che hai dentro senza saperlo da quando sei nato e che, con la visione delle maschere e dei campanacci ti risalta addosso e tu non puoi fare nulla per contenerla”.

“Un uomo che mette la pelle e la maschera, è l’unico modo che per avvicinarsi alla divinità. Emozione allo stato puro dal profondo del cuore”.

E’ così l’uomo diventa maschera, diventa Dio. Attraverso quei piccoli fori vede il mondo in maniera differente, si spoglia delle sue sembianze umane e prende dagli animali persino i suoni per far si che essi raggiungano un’altra dimensione.

“L’origine, il mistero, l’arcaico, l’ordine”.

Nel caos carnevalesco dove tutto attorno si muove, ride, scherza, loro rappresentano la fermezza. Tutto si ferma al loro passaggio. Il suono dei campanacci sovrasta qualunque cosa, persino la folla distratta non può fare a meno di farsi domande al loro passaggio.

“Il simbolo, la bandiera nella quale Mamoiada vive nel passato tanto quanto nel presente. Ricorda il passato e rende il presente un momento da ricordare per chi indossa la maschera e per chi quella maschera la vede indossare ad un proprio amico o parente”.

L’uomo ritorna alla terra e la terra ritorna all’uomo.

La maschera che chiede alla natura di essere benevola attraverso la sua sofferenza. Un rito che ha mille significati e mille domande.

Le risposte le abbiamo dentro di noi, ieri come oggi.

Siamo tutti Mamuthones.