La ricetta per prepararlo in casa
Sono ormai 3 settimane che siamo più o meno “reclusi” in casa per cercare di contenere più possibile il Coronavirus.
Come lo stiamo passando?
Beh, c’è chi si dedica alla lettura, chi alle pulizie domestiche e chi invece ora più che mai si dedica alla cucina.
Proprio qualche giorno fa erano apparse notizie che davano per introvabile il lievito di birra. Effettivamente molte persone per paura di non trovarne ne avevano fatto incetta.
Ma abbiamo davvero bisogno del lievito di birra?
Io e Marco Bellu è già da un po che prepariamo i nostri impasti lievitati con il lievito madre preparato in casa. Molto adatto in particolare per le lunghe lievitazioni. Noi ad esempio lo usiamo con la pizza ed è veramente eccezionale.
A Mamoiada mamma lo utilizza per diverse preparazioni come ad esempio su coccone ‘in mele o sas athas.
Di seguito vi elencherò il procedimento utilizzato da me e da Marco, il cui risultato è perfetto. Ad ogni rinnovo il lievito diventa sempre più forte e sono ormai più di due mesi di vita.
Cenni storici
A Mamoiada il lievito viene chiamato irmentazu e veniva largamente utilizzato per preparare il pane carasau e altri dolci che necessitavano di lievitazione.
Veniva preparato in casa senza starter, cioè senza nessun aiuto per farlo partire. La prima volta che lo abbiamo preparato in casa, ad esempio, abbiamo preparato il piccolo impasto e poi lasciato nel mobile di cucina, a contatto evidentemente con i lieviti della frutta e altri alimenti.
Il risultato ineceppibile.
Le massaie se lo scambiavano perchè usato molto frequentemente.
Singolare invece la preparazione del lievito per il pane d’orzo, chiamato a Mamoiada su “ghimisone”.
Questa pagnotta assai grande, veniva lasciata cuocere per diverse ore a fuoco lento. L’interno restava morbido e non induriva. Dopo circa 10 giorni la pagnotta veniva aperta e l’interno utilizzato per preparare l’impasto madre, sa mardi’e.
La ricerca della ricetta in rete
Abbiamo utilizzato la ricetta trovata su internet da uno dei tanti che per mestiere insegna ad avviare pizzerie e pare che lo faccia in tutto il mondo.
Quando leggi i blog di persone così ti accorgi che in realtà è tutto costruito a tavolino e si tratta solo di una elaborata macchina per il marketing per acquisire clienti, nella fattispecie i clienti sono aspiranti proprietari di pizzerie.
Quindi se leggi un sito così scopri che fare la pizza è difficilissimo, che ci vogliono anni e anni di pratica e a dare retta a loro usare il forno è difficile quasi quando fare l’ignizione di un reattore a fusione.
La realtà è che come per tutte le cose c’è una ricetta e la ricetta se è accurata è riproducibile e funziona, se no non funziona.
Si tratta come al solito di scienza applicata. Quindi letteralmente di saper e poi fare.
Il Lievito Madre
Da quel che si legge il lievito madre non è altro che un insieme di microorganismi che “digeriscono” gli amidi e in cambio restituiscono degli zuccheri più semplici, anidride carbonica e acqua, in cambio loro ricevono energia e materiali di costruzione per potersi replicare, fino a un certo punto in cui restano in equilibrio e poi se mancano i nutrienti muoiono.
Questi microrganismi sono ovunque per esempio nell’aria e sulla nostra pelle per cui basta lavorare la pasta a mano e li trasferiamo nell’impasto.
Per partire hanno bisogno di uno starter solitamente qualcosa di molto dolce perché la prima fermentazione è quella dei lieviti (come quelli del vino e della birra) e poi si uniscono anche i batteri.
Una volta partita va alimentata, il cosiddetto rinfresco, che avviene aggiungendo farina all’impasto ed acqua per mantenere l’idratazione.
Gli ingredienti
- 100 g di farina (va bene qualsiasi farina, ma a me ha dato soddisfazione il semolato rimacinato di grano duro)
- 50 g di acqua (va bene qualsiasi acqua ma è chiaramente meglio che non sia clorata ne gassata)
- 5 g di miele cioè un cucchiaino
Altri usano l’uvetta macinata fine fine, altri nulla ma lasciano l’impasto in mezzo alla frutta ci sono diverse scuole, io ho usato questi ingredienti e il lievito adesso ha qualche mese e funziona. Anche lo yogurt aiuta tantissimo, molte lo usano.
Una volta impastato e lasciato in un barattolo chiuso con una garza o una pellicola microforata come quella che si usa per il pane lo si lascia in un ambiente con una temperatura intorno ai 20-25 °C (dipende dalle case) per 48 ore dopodiché si fa il primo “rinfresco” con questi ingredienti:
- 100 g di farina (come quella iniziale)
- 50 g di acqua (come sopra)
Si aggiungono all’impasto esistente e una volta ben impastato (deve assumere una consistenza liscia) si divide in due e una delle due metà si butta.
Si procede con questa operazione per due settimane cioè altre sei volte da quando l’impasto è stato fatto partire e non si aggiunge nulla se non la farina e l’acqua buttando via ogni volta l’eccedenza.
E’ facile notare come già dopo la seconda o terza volta si formano delle bolle di gas dentro l’impasto e lo stesso aumenterà di volume anche oltre il doppio del volume originale.
Anche dopo 48 ore dal rinfresco l’impasto perde la consistenza di un impasto e assomiglia più ad una crema filante. Si sviluppa un aroma alcoolico durante la fermentazione ed è del tutto normale, anzi l’aroma cambierà nel tempo fino a diventare piuttosto stabile con il passare delle settimane.
Una volta passate le due settimane lo puoi considerare pronto e lo conserverai in frigo. Tieni presente che l’attività dei lieviti si arresta intorno ai 4 °C ma riprende se si torna a temperatura ambiente. Arrivato a questo punto potrete fare il rinfresco una volta a settimana.
Utilizzare il lievito che avanza
Si può provare ad utilizzare il lievito che avanza dal rinfresco anziché buttarlo, impastate tranquillamente quello che volete. Io e Marco di solito impastiamo la pizza il venerdì per poi averla pronta il sabato sera.
Si può usare tutti i giorni in tal caso non non deve essere messo in frigo e va rinfrescato ogni due giorni.
Se si dovesse optare per questa opzione consigliamo una strategia un po’ diversa.
In questa fase del rinfresco la quantità di impasto raddoppia perché stai aggiungendo farina e acqua, se non lo metti in frigo e lo usi spesso non buttare via l’impasto eccedente ma prima di rinfrescarlo usa la metà del lievito per fare il tuo pane o la tua pizza e rinfresca quello che avanza, in questo modo la quantità di lievito resta costante ma hai usato quello che ha la massima forza e non lo stai buttando.
Es. ho 300 g di lievito in un barattolo e oggi lo dovrei rifrescare perché è li da due gg ed è bello profumato e pieno di gas, ne prendo 150 g e con quello mi faccio l’impasto del pane o della pizza, ne avanzeranno 150 g.
Aggiungo 100 g di farina e 5 g di acqua, li unisco impasto e rimetto nel barattolo, dopo due giorni avrò nuovamente 300 g di lievito pronto.
Quanto ne serve per la pizza?
Se anche tu hai il fornetto come il nostro, il fornetto per pizza Ferrari, puoi tranquillamente usare queste quantità.
Per una pizza io impasto dai 180 ai 200 g di farina con una percentuale di acqua sulla farina del 70% quindi 70 g di acqua ogni 100 g di farina ( e 5 g di sale).
Per far lievitare questo impasto in circa 8 ore a 20 °C occorre circa 50 g di lievito madre. Attenzione, questa quantità può variare a seconda dei procedimenti usati. Un’amica ad esempio, che fa 36 ore di lievitazione, di cui buona parte della maturazione in frigo, usa circa 200 g di lievito madre per 1 kg di farina.
Se volete fare lievitazioni lunghe diminuite quindi la quantità di lievito, stiamo continuamente sperimentando, considerate che la curva di accrescimento del lievito è una logistica non un curva lineare per cui la relazione tra peso del lievito e tempo potrebbe non essere così banale, teoricamente la si potrebbe calcolare ma forse è meglio fare esperimento con un coltura di lievito mantenendo fissa la farina l’acqua e la temperatura e vedere quali sono i parametri della curva.
Sinceramente non ho avuto tempo di provare. Un mia idea è che con buona approssimazione possiamo fregarcene e calcolare come se fosse una retta per cui per una lievitazione di 24 ore ridurre il lievito a un terzo (sono quasi sicuro che ridotto a 1/4 funzionerebbe lo stesso).
Tenete presente che la maglia glutinica si allenta molto in lievitazioni così lunghe e il risultato non ci ha fatto impazzire, ma è anche probabile che non abbiamo seguito il procedimento giusto.
Ieri è stata fatta una prova 180 g di farina con 126 g di acqua.
La tipologia farina può cambiare il risultato per cui se vedete che l’impasto è molto fluido vuole dire che quella farina non regge una simile idratazione e bisognerà aggiungere farina, per una farina 00 che solitamente non usiamo, abbiamo aggiunto un cucchiaio di farina all’impasto.
Le farine
Quella che ci piace di più è la farina di tipo 0 come qualità di impasto, meglio se forte, quindi w350 per esempio ma abbiamo provato anche miscele aggiungendo semolato rimacinato di grano duro e farina integrale in percentuali variabili, ma abbastanza basse, su 200 g di farina 150g di farina 0, 25 g di semolato rimacinato, 25 g di farina integrale.
L’impasto conviene lavorarlo un bel po’ lasciandolo riposare tra una manipolazione e l’altra. Tenetelo dentro un porta impasto fino al momento della preparazione finale.
Se facciamo la pizza per due alcune prima si fa la stozzatura cioè si separa l’impasto e poi si fanno i panetti che non tocchiamo più fino al momento della preparazione della pizza.
La cottura
Noi usiamo un fornetto apposito, il forno per pizza I Ferrari. Puoi trovarlo in rete qui:
Rispetto al forno normale raggiunge temperature più elevate ed è quindi in grado di farvi ottenere risultati molto soddisfacenti.
Il forno è stato un pochino modificato da Marco, togliendo la resistenza che arrivava a una certa temperatura (mai sui 300 gradi) e poi si spegneva.
L’utilizzo di una teglia di alluminio schiacciata che da infilare sotto la pizza dopo circa un minuto di cotture per evitare che mi si biscotti il fondo, è un accorgimento che sembra funzionare.
Ecco l’ultimo risultato
Conclusioni
Si tratta ovviamente delle nostre personali esperienze e anche noi stiamo continuando a informarci e sperimentare. I nostri sono suggerimenti che possono sicuramente aiutarvi in questa fase iniziale. In rete ci sono sicuramente dei bravi maestri o maestre che sapranno darvi altri utili consigli, talvolta con dei veri e propri corsi on line.
Una cosa è certa, questo forse è il momento migliore per riappropriarsi di una tradizione scomparsa. Una preparazione naturale e sana che renderà le vostre ricette più gustose e decisamente migliori.