Una storia di passione e devozione
Il Nuovo e avvincente Romanzo teatrale di Graziano Siotto
Ho avuto il piacere e l’onore di essere stata tra le prime persone a poter leggere il testo teatrale:
“Il Redentore della Sardegna” di Graziano Siotto.
Quando Graziano mi ha contattata raccontandomi questo suo nuovo progetto ne sono stata subito entusiasta.
Leggendo le prime righe di prefazione di Francesca Jerace ho subito capito che mi trovavo davanti ad una storia avvincente.
Quella statua, dice Francesca, “riflette assai di più di quel che la fredda ragione sarebbe disposta ad accettare” (cit.), ed è tremendamente vero.
Come dissi a Graziano non conoscevo affatto Vincenzo Jerace se non attraverso quell’opera che adoro e che ogni volta mi perdo ad ammirare. Tante volte sono salita lassù, l’ho fotografato e ho cercato di capire cosa volesse dirci, ma tutto è rimasto confinato in uno scatto.
E mentre scrivo queste prime righe so già che questa sarà una di quelle letture che mi terranno sveglia per un po a pensare. Quello che segue saranno le mie impressioni, il mio feedback all’opera di un nuorese innamorato della sua terra e delle sue tradizioni, appassionato della storia e delle radici su cui tutti noi poggiamo fieri.
Il Redentore è dolore, rivincita, resurrezione.
Il Redentore di Vincenzo Jerace è Donna, bambina, speranza.
Un sogno che si erge imponente su tutti noi.
Una lacrima che lava via il dolore.
Sembra di vederli tutti intorno a me, i protagonisti di questa storia che si animano durante la lettura, sembra quasi di essere lì con loro.
Persino Grazia Deledda fa capolino in questa Nuoro di primo ‘900, con quel suo viso burbero ma fiero.
Ho sempre amato questa Statua e stasera ho capito il perché: si è presa tutti i nostri dolori e ci tende una mano per donarci speranza. La stessa speranza che ha avuto lo stesso Jerace, quella che ha vinto il dolore e che gli ha permesso di dare il volto a Dio. Lo stesso Dio che poi si è portato via la sua amata, le sue amate, compresa quella piccola creatura di cui finalmente si conosce l’identità. Un Dio che nonostante tutto gli ha dato la forza di vivere e di rinascere.
In quel massiccio monumento vi è tutto il suo amore, quello perduto ma anche quello vissuto, ci sono i suoi tormenti e le sue paure. Un turbinio di sentimenti racchiusi in un apparente Statua di bronzo inanimato. Il suo più grande dono è lì che sovrasta tutti noi e tutto questo è semplicemente meraviglioso.
E sul quel bronzo un nome impresso, quello di Luisa a ricordarci quanto di tutto questo in fondo sia merito suo, quando ancora tutto sembrava perduto e impossibile, lei è stata la molla che 117 anni fa ha permesso la creazione di quello che oggi è il simbolo non solo di Nuoro ma della Barbagia.
Sono contenta e allo stesso tempo malinconica perché nella bellezza di tutta questa storia c’è anche tanta sofferenza. Ma finalmente quando salirò ad ammirare di nuovo questo capolavoro, potrò anche vedere con occhi diversi quel piccolo e angelico volto per troppo tempo confuso e mal interpretato. Un volto d’angelo che Jerace ha voluto lì tra la sua amata e Dio.
Mentre finisco di leggere, una lacrima bagna il mio Ipad, come la pioggia che sembra portare via ogni sofferenza.
Non svelo di più. La tentazione di raccontarvi tutto è tanta ma a tempo debito tutto sarà rivelato.
Credo che ognuno di voi debba leggere e trovare il suo significato profondo in questo romanzo che è anche una storia di vita di 117 anni fa. Attendo con ansia la rappresentazione e so già che sarà emozionante. Graziano Siotto ha svelato la vera anima del nostro Redentore.
Grazie di cuore a te, a Vincenzo e Luisa e alle piccole anime che vegliano su di noi.